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Studio legale Cherchi permesso di costruire
L’Amministrazione competente, che abbia rilasciato un permesso di costruire (o altro titolo edilizio), può procedere ad annullarlo successivamente – in via di autotutela – solo in presenza di certe condizioni.
In particolare, deve essere considerato anche il diritto del privato che ha costruito. Vediamo come.

L’art. 21-nonies L. n. 241/1990

La cornice normativa generale del potere di annullamento in autotutela di un proprio atto, esercitabile dalla Pubblica Amministrazione, è rappresentato dall’art. 21-nonies L. n. 241/1990. La norma in questione, nella sua ultima formulazione, prevede che il suddetto potere di auto-annullamento sia esercitabile solo quando:

  • il provvedimento amministrativo da annullare sia effettivamente illegittimo (per incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere, o sia affetto da nullità);
  • sussista un interesse pubblico che giustifichi l’annullamento dell’atto illegittimo (e che possa essere ritenuto prevalente rispetto all’interesse a mantenere in vita l’atto);
  • il potere di autotutela venga esercitato entro un termine ragionevole, considerato anche l’affidamento ingenerato dal provvedimento da ritirare.

Il quadro generale non cambia neppure con riguardo ai provvedimenti concessori in materia edilizia.
Sul punto, però, la giurisprudenza amministrativa ha dovuto costantemente ribadire che, per giustificare l’annullamento in autotutela, non costituisce presupposto sufficiente l’interesse pubblico al semplice ripristino della legalità violata dall’atto illegittimo.

L’interesse pubblico all’annullamento

In sostanza, il rispetto delle norme (siano esse relative alla competenza o all’azione amministrativa, siano esse relative al merito del provvedimento) costituisce sì – in astratto – un interesse pubblico rilevante: esso, tuttavia, è per così dire fin troppo “generale” e, quando non risulta accompagnato dalla presenza di un’altra esigenza pubblicistica più specifica, non giustifica di per sè alcun annullamento in autotutela.

Invero, non mancano sporadiche pronunzie in senso opposto (secondo Consiglio di Stato, sentenza n. 562/2015, “in materia edilizia l’annullamento d’ufficio risponde oggettivamente al pubblico interesse di ripristinare la legalità urbanistico-edilizia”); tuttavia, l’opposto orientamento è assolutamente maggioritario e più recente.

Ad esempio, la sentenza n. 325/2020 del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia afferma che:

Secondo la giurisprudenza concorde, espressasi prevalentemente con riferimento all’art. 21-novies l. n. 241/1990, la motivazione di un atto di annullamento d’ufficio di un titolo edilizio non può limitarsi al mero richiamo alla legalità.

Sempre di recente, il T.A.R. Campania Napoli, con la sentenza n. 4903 del 28 ottobre 2020, ha ribadito che:

Come oramai asserito dalla consolidata giurisprudenza, l’annullamento in autotutela di un titolo edilizio non può essere disposto per la sola esigenza di ristabilire la legalità dell’azione amministrativa, ma deve esternare i profili di interesse pubblico concreto e attuale al ripristino dello status quo ante.

Come detto, quindi, deve sussistere un interesse pubblico concreto ed attuale – che risulti ovviamente nei fatti, negli atti e nella motivazione espressa dalla Pubblica Amministrazione che intende annullare in autotutela un proprio provvedimento.

L’interesse dei privati

La sentenza del T.A.R. Campania n. 4903/2020 sottolinea anche che la Pubblica Amministrazione deve prendere in considerazione l’interesse dei privati, e quindi deve

dar conto della comparazione di tale interesse [pubblico, N.d.R.] con i confliggenti interessi privati discendenti da posizioni giuridiche consolidate.

Sotto questo profilo deve anche essere considerato nella comparazione, tra gli interessi privati, anche l’affidamento che i soggetti ripongono nella stabilità degli atti della Pubblica Amministrazione.

Questa fiducia dei privati, in particolare, è da ritenersi tanto più consolidata quanto maggiore sia il tempo trascorso senza che la Pubblica Amministrazione intervenga a “porre in dubbio” la legittimità dell’atto a suo tempo emesso.

Questo aspetto è espressamente considerato nel comma primo dell’art. 21-nonies L. n. 241/1990, che stabilisce che il potere di autonomo annullamento possa essere esercitato solo entro il termine di diciotto mesi dall’adozione dell’atto da annullare.

Il termine di diciotto mesi

Occorre prestare attenzione, però, a quest’ultimo aspetto.
Infatti, nell’ambito dei permessi di costruire è molto facile incorrere nell’ipotesi in cui il titolo edilizio sia stato emanato a seguito di un’errata rappresentazione dei luoghi, anche soltanto grafica.

Ebbene, quando l’Amministrazione sia stata indotta ad adottare il provvedimento autorizzatorio tramite un’errata/falsa rappresentazione dei fatti e dei luoghi (mediante presentazione di relazioni, elaborati, progetti), il termine dei diciotto mesi non può ritenersi vincolante per l’Amministrazione.

In ogni caso, anche a volerlo ritenere vincolante, il suindicato termine comincerebbe a decorrere da quando la Pubblica Amministrazione che ha emanato l’atto ha avuto conoscenza della falsità nella rappresentazione dei luoghi: falsità che ne determina l’illegittimità e ne giustifica il ritiro – anche dopo tempo.

Quest’ultimo principio è stato ribadito dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 343 dell’11 gennaio 2021 che, prendendo in considerazione una falsa rappresentazione delle distanze tra fabbricati, ha affermato che:

a) non vi è violazione del limite temporale previsto per l’esercizio del potere di autotutela ex art. 21-nonies della legge n. 241/90, atteso che:
a.1) per costante giurisprudenza di questo Consiglio (Cons. Stato, Sez. IV, 8 novembre 2018, n. 6308; Sez. IV, 18 luglio 2018, n. 4374; Sez. V, 27 giugno 2018, n. 3940), nel caso di falsa rappresentazione dei fatti da parte del privato, risulta inapplicabile il termine di diciotto mesi per l’annullamento d’ufficio introdotto, nell’art. 21-nonies l. 241/1990, dall’art. 6 l. 7 agosto 2015, n. 124;
a.2) ad ogni modo, anche a voler ritenere applicabile il suddetto termine, lo stesso decorre solo dal momento in cui l’amministrazione abbia appreso della falsità e al riguardo, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, non può ritenersi che il Comune sin dal momento del rilascio dei titoli edilizi fosse venuto a conoscenza del reale stato dei luoghi e della correlata falsa rappresentazione

 

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Post Author: Avv. Federico Cherchi

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